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Dalle Srl al datore di lavoro il forfait in cerca di risposte – Contribuenti costretti a scegliere se aderire o no senza un quadro definitivo

Restano numerose le incertezze applicative sul regime forfettario “potenziato” a 65mila euro dalla legge di Bilancio 2019. Già da tempo sarebbe servita un’interpretazione ufficiale delle Entrate, né si può dire che le pur significative risposte fornite a Telefisco 2019 abbiano fugato tutti i dubbi. 
Srl in liquidazione
La causa ostativa derivante dal possesso di quote in Srl è applicabile solo se il possesso della partecipazione è in grado di assicurare il controllo diretto o indiretto. Inoltre l’attività della Srl deve essere riconducibile a quella esercitata dal contribuente. 
Qui si pone il problema delle società in liquidazione, che non possono iniziare nuove attività. È quindi improbabile che il contribuente forfettario sia in grado di trasferire parte del fatturato a tale società, che per sua natura svolge un’attività finalizzata alla realizzazione dell’attivo e alla chiusura delle passività. La causa inibente non dovrebbe trovare applicazione. Ma sul punto manca una conferma ufficiale.
Partecipazioni in nuda proprietà
Secondo gli ultimi chiarimenti delle Entrate, dopo la modifica della disposizione, è irrilevante che il contribuente dichiari o meno un reddito dovuto alla partecipazione nella società. La partecipazione dovrà essere ceduta prima dell’ingresso nel forfait.
Quindi, seguendo questa lettura, anche il possesso della nuda proprietà, nonostante il reddito sia dichiarato solo dall’usufruttuario, impedisce l’ingresso nel forfait. 
Società di persone estere
Le società non stabilite in Italia non rientrano nell’ambito dell’articolo 5 del Tuir, richiamato dalla norma che disciplina la causa ostativa. Di conseguenza, il possesso di una quota di partecipazione non impedisce l’applicazione del regime forfetario. 
Prestazioni verso i datori
Dal 2019 è causa inibente di ingresso nel forfait lo svolgimento prevalente dell’attività nei confronti dell’ex datore di lavoro nei due precedenti periodi di imposta o nei confronti dell’attuale datore di lavoro. 
La prevalenza va determinata, secondo l’Agenzia, facendo riferimento all’ammontare dei ricavi o compensi. Tuttavia, al momento dell’ingresso nel forfait il contribuente non può sapere se la condizione della prevalenza sarà o meno verificata. Sarà necessario attendere la verifica dei ricavi o dei compensi al 31 dicembre. E si potrebbe scoprire che, contrariamente a quanto previsto, l’attività nei confronti del datore (o ex datore) è stata prevalente, ad esempio perché alcuni clienti si sono rivelati meno importanti del previsto.
È chiaro che, se si verificherà la prevalenza, si deve ritenere che l’uscita dal forfait scatterà a partire dall’anno successivo. In questo caso la causa ostativa troverà applicazione ex post: è un punto su cui manca conferma ufficiale, ma sarebbe difficilmente sostenibile una tesi diversa.
Indennità sostitutive di redditi
Un tema di rilevanza generale è quello dei proventi da computare nel totale. L’agenzia delle Entrate ha chiarito che l’indennità di maternità, se da una parte costituisce reddito tassabile da assoggettare a imposta sostitutiva, dall’altra non concorre alla determinazione dell’ammontare dei compensi per verificare l’osservanza dei limiti di accesso (si veda la circolare 17/E del 30 maggio 2012, par. 6.1.1, lettera b). 
Se, ad esempio, il professionista ha percepito, nel periodo di imposta 2018, compensi professionali pari a 63mila euro, e l’indennità ammonta a 3mila euro, sarà possibile applicare nel successivo periodo di imposta il regime forfettario. Il limite deve essere considerato al netto dell’indennità di maternità percepita. Invece sull’indennità si applica il coefficiente di redditività.
La cessione dei diritti di autore
Una declinazione specifica è quella relativa ai proventi conseguiti con la cessione dei diritti d’autore.
Il problema si era già posto in passato ed è stato affrontato dalle Entrate con la risoluzione 311/E del 21 luglio 2008, relativo a un giornalista professionista. Secondo l’Agenzia, i ricavi conseguiti con i diritti d’autore devono essere considerati al fine di verificare il mancato superamento del limite di 65mila euro.
In realtà, l’articolo 1, comma 55, della legge 190/2014 prevede che nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici Ateco, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate. Perciò, ai fini del rispetto del limite di ricavi/compensi per l’accesso al regime forfetario è necessario avere riguardo ai ricavi o compensi complessivamente conseguiti dall’imprenditore o dal professionista, prescindendo dalla specifica attività cui si riferiscono. 
Quest’ultima considerazione fa sorgere più di un dubbio sulla tesi espressa dalle Entrate. Infatti, il conseguimento di diritti di autore non rende obbligatoria, in linea di principio, la comunicazione di esercitare un’altra attività con un distinto codice Ateco. Un dottore commercialista che percepisce diritti di autore per le pubblicazioni in una rivista di diritto tributario non sarà in possesso di due codici Ateco. L’attività esercitata è solo una e quindi – a rigore – i diritti d’autore non dovrebbero essere computati nel limite di 65mila euro.

Fonte:Il Sole 24 Ore

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