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PROVA DELL’ELUSIONE SEMPRE ALL’UFFICIO

La Suprema corte, con la sentenza dello scorso 8 marzo n. 6836/2019, rigettando il ricorso dell’agenzia delle Entrate, ha ribadito un’importante posizione che fa luce sulle operazioni aventi finalità elusiva: « in materia tributaria costituisce condotta abusiva l’operazione economica che abbia quale suo elemento predominante ed assorbente lo scopo di eludere il fisco, sicché il divieto di siffatte operazioni non opera qualora esse possano spiegarsi altrimenti che con il mero intento di conseguire un risparmio d’imposta, fermo restando che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel risultato fiscale ».
La Cassazione torna sulla sua giurisprudenza consolidata. Ma è significativo che debba ribadire un principio che dovrebbe dirsi acquisito, per quanto non sempre applicato dagli Uffici, che ricostruiscono fatti di abuso del diritto.
La giurisprudenza insegna che, perché possa configurarsi l’elusione di imposta, occorrono tre elementi: la presenza di un vantaggio fiscale indebito; l’aggiramento di obblighi e divieti fiscali; l’assenza di valide ragioni economiche.
La ricerca del risparmio d’imposta costituisce «esempio delle libertà d’impresa e d’iniziativa economica, nel quadro delle libertà costituzionali» (25374/2008). Ma non sempre è facile distinguere il lecito risparmio d’imposta e l’abuso del diritto a scopo elusivo. Ciò vale oggettivamente anche per l’Amministrazione, chiamata ad un notevole pragmatismo e al rispetto, insieme ai giudici, del principio di legalità, il quale esige che l’imprenditore possa valutare con certezza le conseguenze fiscali dei suoi comportamenti.
Il principio di legalità ha la funzione di contenere la discrezionalità dell’amministrazione ed esige un legislatore pienamente consapevole.
Un’operazione economica, oltre allo scopo di ottenere vantaggi fiscali, può perseguire diversi obiettivi di natura commerciale, finanziaria, contabile ed integra gli estremi del comportamento abusivo nella misura in cui tale scopo si ponga come elemento predominante ed assorbente dell’operazione.
La Cassazione, rigettando il ricorso dell’Amministrazione, ribadisce che incombe sull’Amministrazione finanziaria la prova sia del disegno elusivo che delle modalità di manipolazione e di alterazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire a quel determinato risultato fiscale.
Oltre alla piena responsabilizzazione dell’Amministrazione, che ha come correlativo la sua onerosa posizione processuale, la materia impone, come esigenza costituzionale sistematica, la chiarezza delle norme tributarie nel rispetto del principio di legalità.
La materia dell’abuso del diritto in modo particolarmente significativo e più di altre dimostra la centralità del principio di legalità, senza la possibilità di supplenze né sul piano amministrativo né giudiziale.

FONTE:Il Sole 24 Ore

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